mercoledì 20 marzo 2013

Germoglio #11: Strike!

Al bowling sono sempre stata una schiappa, lo ammetto. I miei genitori riescono a fare anche cinque o sei strike, ma io... Io riesco a far percorrere alla palla il percorso preferenziale, il canale sulla destra o sulla sinistra della pista, anche molte volte di più. Esaltante, non trovate?
Comunque, mesi fa, per la prima volta ho vinto. Non c'era molta concorrenza, lo ammetto, eravamo solo io ed il mio migliore amico che voleva insegnarmi a giocare.
Chissà perché  ad ogni successo affianchiamo sempre un altro ricordo. Un particolare, piccolo o grande che sia, che in un primo momento ci sfugge ma che, successivamente, riterremo come peculiare. Il mio particolare era evidente, evidentissimo: il giorno dopo, il mio amico sarebbe partito... per non tornare più. Per molto, molto tempo. Abbiamo mangiato una pizza, io ho bevuto (come sempre) il mio ed il suo bicchiere di coca-cola, e lui ha scherzato sul fatto che avrei festeggiato per avermelo finalmente tolto dai piedi.
Mentre racconto questo, mi appare chiaro come fossi piena di speranze su di me, sulla nostra amicizia, su di lui. Mi pavoneggiavo per la mia vittoria e, tra un sorso e l'altro, sciorinavo le mie preoccupazioni. E lui non se n'è lamentato. Gli amici fanno questo: ascoltano. Forse perchè, in fondo, siamo così calcolatori che ascoltiamo per assicurarci di essere ascoltati. Come uno scambio equo, no? Come un'assicurazione. E' questo che fanno gli amici. Ma è giusto? Voglio dire, non è.. come imbrogliare, in qualche modo? Vestirsi di una falsa disponibilità? "Lo so che non mi sopporti più, ti annoio sempre con i miei  problemi" e noi "Ehi, tu per me ci sei sempre, e poi sono io che ti annoio con i miei problemi, di certo non tu!". E poi giù a giocare come i bambini al "No, io!" "No, io di più!" "Dai, non scherzare! Ti ricordi quella volta che ho pianto otto ore di seguito e tu non facevi altro che porgermi fazzolettini, abbracciarmi e assicurarmi che avresti potuto fare qualsiasi cosa di cui avessi avuto bisogno?" "Si, ma ti batto con quella volta in cui ti chiamai singhiozzando nel bel mezzo della notte e..".
Dunque è reale? Intendo: è la riconoscenza che ti guida o il bene che vuoi a quella persona?

Non credo nelle storie a distanza. Di nessun tipo.
La quotidianità è una delle cose più importanti che ci siano, perchè poi -attraverso skype, cornetta o video che sia- non riesci a comprendere le emozioni, ti perdi i dettagli della cosa meravigliosa successa un mese prima ma che ha dimenticato di dirti, fai fatica a seguire i nomi, lo ascolti perchè lui ti ascolta. Certo, ne vale la pena perchè sentire la sua voce ti far star meglio, anzi, sapere che puoi chiamarlo e chiedergli qualunque cosa ti fa sentire importante. Ma si cresce e si cambia e, se non lo si fa insieme, si rischia di ritrovarsi uno sconosciuto per amico.

Il giorno dopo lui sarebbe partito, ed io sottovalutai la cosa.

Buffo, la mia prima vittoria al bowling va a braccetto con l'ultima nostra volta da amici del liceo.
Le mie domande ora sono ben tre: Avete due ricordi indissolubilmente legati? Vi è mai capitato di comportarvi bene per assicurazione? E.. credete nelle relazioni (di qualsiasi tipo) a distanza?
P.s: Un ringraziamento ad Ilaria che mi ha iniettato la voglia di scrivere.



lunedì 10 settembre 2012

Germoglio #10: Perché è così difficile consumare un burrocacao?


Il burrocacao è un cosmetico che viene applicato sulle labbra per proteggerle dal freddo, dalla stomatite, per lenire i sintomi dell'herpes labiale... insomma: è una sorta di nostro angelo custode. In più è comodissimo: la sua applicazione è simile a quella del rossetto ma molto più tranquilla (se non siamo davanti ad uno specchio e facciamo qualche sbavatura non rischieremo di sembrare dei pagliacci, né di avere i denti picchiettati del rosso#carminio o del fucsia#dragqueen). 

Ma allora perché è così difficile consumarne uno?
Al contrario di quanto crediamo, la vita di un burrocacao non è così scontata ma bensì ricca di colpi di scena.
Ecco una breve lista di ciò che può impedirci di raggiungere un apparentemente semplice obiettivo.


  1. La Decapitazione. Questo è uno degli scenari più cruenti per i nostri amici: per il caldo, lo stress o la foga nell'utilizzarlo, un pezzo (solitamente enorme) si stacca e cade a terra (tipico). Per il caldo la soluzione è conservarlo qualche ora in frigo, ma attenzione: la decapitazione sarà ancor più probabile, dal momento che il corpo diventa rigido.
  2. Lo Smarrimento. Accade quando o ci si tiene parecchio (perché è un regalo, è stato comprato in una città particolare, è fuori commercio, è davvero efficace o -cosa più pericolosa di tutte- ha un buon sapore) o se sta per finire. 
  3. Il Rapimento. Se ha un buon sapore, sarà anche a rischio rapimento: ciliegia, passion fruit, lampone, mela... se lo fate provare caritatevolmente ad una vostra amica, state certe che presto non lo ritroverete più. Se invece lo prestate..  beh.. ditegli prima addio.
  4. La Dimenticanza. Abbiamo già decantato le innumerevoli doti del burrocacao ma, nonostante tutto, spesso dimentichiamo di coccolare le nostre labbra giornalmente, abbandonando il nostro supporter nel fondo di una borsa o di una trousse. 
  5. La Sostituzione. Diciamolo pure: l'animo umano è volubile. Come succede con borse, scarpe e jeans il nuovo è  sempre più bello. Dunque ahimè trovare un gusto o una variante migliore perché il vecchio passerà nelle retrovie fino a dimenticarvene. (vedi # 4)
Se il vostro burrocacao riuscirà a sopravvivere a tutto ciò, gli aspetterà un Guinnes World Record o, come in questo caso, un post su un blog. 
PS: il Labello classic non passa mai di moda.

E voi? Raccontatemi le vostre storie!






domenica 5 agosto 2012

Germoglio #9: I'm lovin' It.

Il McDonald's non può essere definito quanto di più sano ci sia sul mercato degli alimenti, ma tutt'altro, lo sappiamo bene.
Ma per qualche insana ragione, ho deciso di assaggiare tutti i suoi panini.
Scavando un po' tra i ricordi, credo di poter affermare che il mio primo cheeseburger lo addentai all'età di sei o sette anni a Modena, perchè qui -nel profondo e arretrato sud- ancora non era stato programmato un attacco della globalizzazione.
Dunque, per un paio di anni, le mie gite all'amatissimo -per i giochi all'interno- McDonald's erano limitate ma sempre mirate: Big Mac.
Credo che il periodo Happy Meal sia durato pochissimo, al massimo due tentativi.
Stessa fine hanno fatto il Big Tasty, il Crispy Mc Bacon, il Royal Deluxe, e il Mc Wrap.
Vedete, non ci può essere alcuna pancetta o pomodoro a battere il migliore -o potremmo dire, più non salutare- panino della storia dei fast food.
Due hamburger, formaggio cheddar, pane, cipolla, cetrioli, insalata, ed una salsa inimitabile: il solo ed unico Big Mac.
E voi? Qual'è il vostro menù fisso?


giovedì 19 luglio 2012

Germoglio #8: Scacco matto.

Avete presente quel momento in cui -in perfetta armonia corpo/mente- il vostro avversario ha fatto la sua mossa e si è lasciato sfuggire un sorrisetto sadico ma, voi, già state -con logica ferrea- vagliando tutte le possibili mosse per strappargli quel suo ghigno -no, non era un sorrisetto- malefico?
Beh, io no.
Grazie ad un mio amico, sono riuscita a spuntare una voce della lista, imparando a giocare a scacchi, ma il corso è stato breve e base della base della base.
Insomma, so come si chiamano gli animali e gli omini che si muovono sulla scacchiera -un re, una torre, una donna, un cavallo, un alfiere e un pedone- e come possono muoversi.
Strategia? Si, mi piace, ma non fa per me.
Dopo una sonora sconfitta -alla mia prima (e ultima) partita- ho virato verso la dama.
Così ho vinto ed il mio pseudo-orgoglio ne è uscito quasi intatto.
Ma ormai ho capito che mai il tempo che perdi è totalmente perso.
Quindi, per me -che sono una curiosona- leggere la leggenda dell'invenzione di questo gioco, è stato molto interessante.
Un re indù, vinse una grande battaglia per difendere il suo regno, ma per vincere dovette compiere un'azione strategica in cui suo figlio perse la vita. Da quel giorno il re non si era più dato pace, perché si sentiva colpevole per la morte del figlio, e ragionava continuamente sul modo in cui avrebbe potuto vincere senza sacrificare la vita del figlio: tutti i giorni rivedeva lo schema della battaglia, ma senza trovare una soluzione. Tutti cercavano di rallegrare il re, ma nessuno vi riusciva. Un giorno si presentò al palazzo un monaco che gli propose un gioco che aveva inventato: il gioco degli scacchi. Il re si appassionò a questo gioco e, a forza di giocare, capì che non esisteva un modo di vincere quella battaglia senza sacrificare un pezzo, ovverosia suo figlio. Il re fu finalmente felice, e gli chiese quale ricompensa egli volesse. Il monaco guardando la scacchiera, gli disse: «Tu mi darai un chicco di grano per la prima casa, due per la seconda, quattro per la terza, otto per la quarta e così via». Il re rise di questa richiesta, meravigliato del fatto che potesse chiedere qualunque cosa e invece si accontentasse di pochi chicchi di grano. Il giorno dopo i matematici di corte andarono dal re e lo informarono che per adempiere alla richiesta del monaco non sarebbero bastati i raccolti di tutto il regno per ottocento anni. In questo modo, egli insegnò al re che una richiesta apparentemente modesta può nascondere un costo enorme.
Questo sì, che è ragionare.






giovedì 12 luglio 2012

Germoglio #7: 93 Verità.

Mia madre ha sempre detto che la verità la dicono sole tre persone: i bambini, gli arrabbiati e gli ubriachi.Ah, e dimenticavo. Lo stress, la pressione, riesce a sciogliere -buona parte- della maschera giornaliera.
Non so, ho rivalutato tantissime persone in questi giorni d'esami ma anche confermato le mie prime impressioni. Quando non hai niente da perdere, quando ti giochi il tutto per tutto, quando sai che certe persone probabilmente non le rivedrai più... è diverso.
Finalmente ho il mio voto -93- la mia tranquillità e il mio sonno.
Ah, no, quello no.
Perchè certa gente si diverte a chiamare/citofonare di prima mattina a casa mia. 
Come mi sento? 
Beh, libera è un termine un tantino pretenzioso.
Direi piuttosto... liberamente confusa
Perchè a differenza di altri non so precisamente come sarà -o comunque come vorrei fosse- la mia vita da qui a dieci anni. Ma a tutto c'è rimedio.
Dunque da giorni sono nel limbo della scelta dell'università e -come ogni indecisione che si rispetti- quando sono certa di aver scelto, poche ore dopo rivaluto le altre dodici o tredici opzioni.
Divertente, eh?
Ma dire un bel vaffanculo alla scuola, alla sua non organizzazione, ai suoi bagni sporchi, alle aule che sì, dobbiamo ringraziare quando vengono pulite, alla sua burocrazia inefficiente e al modello avanzato di carcere, non ha prezzo. Dirlo ai professori, che danno voti come sotto droghe pesanti, che non capiscono chi davvero merita, ovvero gli alunni che studiano fino a tardi per capire o approfondire un argomento rifiutandosi -a quanto pare stupidamente- di studiare tutto a memoria, non ha prezzo. E come sempre, in Italia, la persona acculturata passa in secondo piano. Sì, dai, mandiamo avanti gente ignorante. 
Che poi si vede in che razza di paese ci ritroviamo.
Tutto ciò non ha prezzo. 
Per tutto il resto c'è Mastercard che, no, molte volte non è l'unica cosa che può darti soddisfazioni.


martedì 19 giugno 2012

Germoglio #6: Notte prima degli esami.


Notte prima degli esami?
...
Il titolo è banale, lo so.
Ma che altro avrei potuto scrivere?
Notte prima dell'inizio della fine?
Notte prima del non so niente?
Notte prima dell' avrei dovuto iniziare a ripassare molto tempo prima?
In realtà non è una notte.
Personalmente è da qualche giorno che penso: Mercoledì inizio.
I conti alla rovescia su Facebook si sono sprecati, i link anche.
Ma da questa mattina... lo percepisco, quasi, quanto possa essere vicino.
Dannatamente vicino.
Probabilmente si è data troppa enfasi a questo fatidico -che poi fatidico non è- giorno, ma è qualcosa di unico, che molto probabilmente non si riproverà.
Ma allora, quali sono queste emozioni?
Forse sarò anormale o forse è solo uno stupido meccanismo di difesa ma.. non provo nulla.
Solo della rimembranza, rimembranza di quando ero in macchina con mia madre e poi correvo su per le scale -sì, ero in ritardo- e mi sedevo all'ultimo banco con la mia prima compagna del primo giorno del primo liceo.
E mi sembrava tutto così lontano, così da grandi.
E ora invece l'unica emozione che provo è sgomento, sì, per come il tempo passi veloce e paura, sì, per come tutta la mia vita potrebbe passare così, e incoscienza, sì, perché in fondo così grande non lo sono diventata.
Ecco la mia notte prima degli esami.
A cena ho mangiato pietanze normalissime e oggi non ho fatto nessun mega-party in nome di quella adolescenza che se n'è andata via. 
Perché vi dirò: io ancora mi sento adolescente.
E domani sarà ancora così, e ancora e ancora.
Forse per sempre. 
Perché non sarà da un giorno all'altro che le dirò addio, né per l'incombere di nuove responsabilità.
Semplicemente, quando il mondo mi inghiottirà, mi sentirò adulta.
E no, non sarà domani.

venerdì 15 giugno 2012

Germoglio #5: Dolce&Gabbana 100 euro? No, grazie.

Oggi ho sentito un urgente bisogno di una lavanda gastrica.
Perchè?
Che donna sana di mente afferma di non voler comprare un vestito scontato perchè... scontato?
Davvero esiste gente così ottusa che valuta la merce in base al prezzo?
Scusate, questa era una domanda vergognosamente retorica.
Ebbene sì. Come quei ristoranti dove è tutto più buono perché il piatto pesa pochi grammi.
Signori, ma vogliamo svegliarci?
Cerchiamo di andar un po' oltre le apparenze ed andare dritti verso ciò che importa davvero: la qualità.
Dunque no, se non fanno la pubblicità in tivì del sugo, dello shampoo, del cellulare, del profumo o della marca di abiti (più che pubblicità oramai sono cortometraggi) non vuol dire che il prodotto non è buono. Sarebbe bello -o forse utopico- essere un po' meno suggestionabili. 
Magari, annaffiando quella piantina che è a noi nota come autonoma capacità decisionale